martedì 29 luglio 2014

Vite di donne non illustri e neppure esistite, per quanto

Emazia Salassi vide la luce - si fa per dire - in una serata fredda e buia, poco prima di Natale. Il suo papà, Ermete, in qualità di medico del paesuzzo, la fece nascere con le sue mani e l'aiuto della vecchia levatrice - la buona e cara Arguzia Corelli - gentile come una spazzola per lavare ma efficiente come un trattore Landini. Gigliola Salassi, la puerpera, trovò tutta la faccenda assai dolorosa e parecchio faticosa, nonostante e malgrado tutto l'amore che il suo Ermete le dimostrò adoperandosi per far nascere la loro figlia nel modo più veloce e indolore possibile. Mentre spingeva seguendo le esortazioni di Ermete, Gigliola considerò con interesse quasi scientifico la vita semplice e serena di una figlia unica. Decise sull'ultima spinta, in contemporanea con il grido di gioia di Ermete e quello sorpreso di Emazia, che da quel giorno in poi la contraccezione non avrebbe avuto più segreti, per lei.
Emazia Salassi fissò i propri genitori con occhi dal colore incerto ma certamente enormi.
E sorrise.
Chi scrive questa vecchia storia sa - per avere vissuto già troppi anni per non saperlo, purtroppo - che i neonati non sorridono non vedono eccetera: ma per amore del racconto, deve riportare con fedeltà e rispetto quel che gli è stato narrato.

Emazia Salassi, dunque, sorrise quella sua prima notte nel mondo: e non smise più.

Fu la gioia e il sostegno della sua mamma e del suo papà.
Fece tante scelte giuste e sagge che non staremo qui a dilungarci a riportare: studiò tanto, imparò, scoperse, rise e pianse, viaggiò, piantò alberi, infranse cuori aggiustandone uno.

Perchè Emazia Salassi, nata da un grande amore in una fredda sera di dicembre, aveva un dono raro e prezioso.
Sapeva amare.

Nessun commento:

Posta un commento